L'attività delle Pro Loco e la cultura locale

29 luglio 2024

L'attività delle Pro Loco e la cultura locale

 

In questi mesi vi capiterà di sicuro. Fate un giro in montagna e un gruppo sta partendo per
un’escursione micologica guidata. Vi imbattete in un concerto in piazza. Partecipate a una
sagra e visitate una chiesetta.

 

L’estate è il periodo d’oro delle 215 Pro Loco trentine, che con
i loro 1000 eventi animano ogni angolo della nostra provincia. Tanta varietà che rende
talvolta difficile definire in modo netto cosa siano queste associazioni.
Le Pro Loco sono infatti un tipo di volontariato particolare: in questo anno in cui si celebra
ogni forma di volontariato, ci troviamo a sentirci eccentrici: il nostro nome dice subito che
siamo “a favore del luogo”, sì, ma sicuramente con confini meno netti di altre realtà. E allora
ci siamo chiesti, cosa accomuna tutta questa nostra varietà? E’ solo il fatto di fare eventi, o
c’è qualcos’altro?


Per rispondere, dobbiamo iniziare a guardare da un punto di vista diverso questo movimento,
che proprio dal Trentino ha preso le mosse, 143 anni fa, con la Pro Loco di Pieve Tesino.


Cominceremo allora a vedere che una sagra di paese, evento simbolo delle Pro Loco, non è
solo una festa, ma il concentrato di centinaia di anni di storia, che si riscrive ogni anno grazie
ai nuovi volontari e che alimenta il senso di vivere un luogo. E così funzionano un pò tutti gli
eventi delle Pro Loco: nascono perchè la comunità riconosce loro un significato particolare
connaturato con il luogo, e fioriscono perchè la comunità continua a lavorarci e a rinnovarli.
Allora forse non è il contenuto, l’evento in sè, che definisce cosa è Pro Loco, ma uno spirito,
una motivazione. Una cultura, locale ed identitaria.

 


Questo carattere “culturale” è infatti la cifra caratteristica delle Pro Loco per l’UNESCO, che
le ha riconosciute come soggetti attivi per la salvaguardia del patrimonio culturale
immateriale. E’ qui che sta il senso più profondo di queste associazioni. Ci siamo allora
chiesti, ma cosa è cultura e cosa non lo è? Chi la definisce, un luogo, un museo
,un’istituzione, o può essere anche altro?


Circa la metà delle Pro Loco trentine si occupa di cultura, e lo fa in modi disparati. Alcuni
sono palesi: si apre la chiesetta, si fa un percorso tra i mulini, si allestisce una mostra. Altri
sono meno immediati: sono quelli del sopra citato patrimonio immateriale, come i riti, i canti
popolari, la cucina locale, le tradizioni artigianali ed artistiche.

 


C’è poi una sfumatura del tutto diversa, che va al nocciolo del significato del termine cultura,
che viene da “coltivare”, “attendere con cura”. Si tratta di tutte quelle azioni “minori”, non
catalogabili come l’una o l’altra, ma che hanno in comune qualcosa di fondamentale:
esprimono il significato condiviso che ha per le persone vivere in un luogo. Prendersi cura dei
capitelli di scarso valore artistico, ma venerati dai paesani. Reintrodurre una coltura
tradizionale dimenticata. Prendersi cura del territorio. Sono tutte azioni spontanee, e spesso
anche inconsapevoli, che costituiscono il cuore dello stare in un posto, del senso di
appartenenza, e che di conseguenza ci fanno vivere bene lì e ci spingono a prenderci cura di
quello che abbiamo. In questo modo possiamo spiegare le altre moltissime forme che la
cultura interpretata dalle pro loco assume.

 


Partecipare alle iniziative delle Pro Loco può allora servirci ad interrogarci sul significato
ultimo di cultura, per provare ripensarla senza misurarla, senza scale di giudizio, ma
adottandola come strumento per trovare significati condivisi, unici, strettamente locali, e per
questo irripetibili e preziosi. In questo modo, forse, in un periodo di forte urbanizzazione e di
omologazione globale, possiamo rivedere la nostra partecipazione alla res publica e trovare
un senso che ci faccia vivere il nostro territorio in modo pieno e condiviso.

Gli ultimi 4 anni, con covid e riforma del terzo settore, hanno costretto il volontariato
a rinnovarsi e a fermarsi a ragionare sul senso profondo del suo essere. Abbiamo
capito che siamo qui perchè quello che facciamo contribuisce a farci essere non solo
cittadini migliori, ma soprattutto persone più felici. E questa è la base per un
benessere che dal singolo coinvolge tutta la società. Questo ci sta facendo
affrontare le nuove sfide con un entusiasmo e una consapevolezza inediti. E
soprattutto, vediamo le nuove generazioni farsi avanti. Allontanato il clichè del
volontariato come missione umanitaria, il nostro mondo sta attirando tanti ragazzi
che nel volontariato trovano un loro primo ruolo importante nella società: stiamo
dimostrando di poter essere il luogo in cui i giovani trovano spazi di aggregazione, di
espressione, di creatività, di responsabilità.

 


E allora, il mio auspicio per il futuro è che tutti noi soggetti del volontariato possiamo
mantenere questo nuovo spirito e diventare propulsori di trasformazione sociale e di
inclusione. Ed in questo senso l’anno del volontariato e’ una preziosissima
occasione per farci conoscere da pubblici nuovi, sfatando i cliché e mettendo il luce
che fare volontariato è una fonte di benessere per chi lo fa prima che per chi lo
riceve.

 

 

 

categorie di questo articolo:

- storie della federazione