Nessuno vuole diventare sciamano!
Lo abbiamo scoperto visitando la mostra Sciamani. Comunicare con l’invisibile. Un’esperienza di formazione per lo staff della Federazione, che con nostra grande sorpresa ci ha svelato delle curiose analogie con il mondo delle Pro Loco.
Il titolo della mostra realizzata in modo congiunto tra MART, MUSE e METS ci aveva attirato. Comunicare con l’invisibile è qualcosa che, inconsapevolmente, ci suonava familiare nella nostra realtà lavorativa. Spesso infatti le Pro Loco operano sulla base di forze “non visibili”: non il profitto, non la gloria, non la necessità, ma “qualcos’altro”. Ma nel corso della visita approfondita della mostra, ci siamo accorti che le analogie tra sciamanesimo e Pro Loco (prendetela con le dovute proporzioni, eh !) non finiscono qui.
Cominciamo dallo sciamano, figura eterea, a metà tra umano e divino, guaritore, mago, alchimista, insomma uno che ha il potere di risolvere i problemi. E già qui, forse, qualche presidente di Pro Loco si sente fischiare le orecchie. Tra le varie cose che affascinano di questo personaggio, c’è anche la modalità in cui si diventa sciamano.
Abbiamo scoperto infatti che non esiste candidatura per questa carica, sono gli altri a decidere che sei la persona giusta. E non ti sognare di sottrarti a questa decisione presa unanimemente dal tuo villaggio o dalla tua comunità: rischieresti la vita.
Vi state chiedendo come la scelta ricada sul povero predestinato? In genere tocca a persone che per una malattia, o per qualche altro motivo, siano rimaste per un certo periodo sospese tra la vita e la morte. In questo lasso di tempo gli spiriti ti prendono l’anima, la fanno in mille pezzi, la ricuciono e te la ricacciano dentro. In pratica, essere e sentirsi a pezzi è l’apprendistato per lo sciamanesimo. Sembra che un periodo così ti restituisca la giusta sensibilità per fare da intermediario tra gli spiriti e le persone, per gestire in maniera adeguata quello spazio tra terra e cielo che solo i ministri del culto, di solito, possono maneggiare.
Se sei presidente di una associazione di volontariato qualche tema potrebbe averti sollecitato una riflessione. Innanzitutto la nomina alla carica, che quasi mai, come sappiamo, avviene dopo esplicita e spontanea candidatura. Quando sei in odore di presidenza, senti una rete di rapporti che ti si tesse intorno, vedi cose strane, mosse e contromosse che ti porteranno a brindare al nuovo presidente scoprendo solo in quel momento che il festeggiato sei proprio tu. Il narciso che c’è in te come in tutti noi ti ringrazierà per questa nomina che segna solo l’inizio di un lungo percorso. L’apprendimento è garantito, proprio come nel caso degli sciamani: gli spiriti ti ruberanno temporaneamente l’anima, te la polverizzeranno e te la restituiranno con tanti auguri per quello che ci vorrai fare. Più di una consistente psicoterapia, più di molti anni di scuola, l’esperienza di presidente ti trascinerà per terre sconosciute ma farai ritorno, non temere!
Alla fine ne uscirai ricchissimo (non di soldi ovviamente!) di momenti e capacità che forse mai avresti pensato di vivere o di poter maturare insieme ad altri.
Perché l’immateriale che maneggiano i presidenti delle associazioni di volontariato, quello spazio tra terra e cielo, è fatto di tutta quella voglia di esserci, di rendersi disponibili, di essere riconosciuti dal mondo che solo lo spazio pubblico ti può restituire in maniera così intensa. A differenza degli sciamani potrai abbandonare la carica ma sarà mera formalità perché quel passaggio ti resterà sempre nel cuore!
di Ivo Povinelli