Nosiola: il vino che sa di nocciola

Un vino che è espressione della viticoltura tradizionale della Valle dei Laghi, fatta di produzioni limitate e grande passione.

 

Dallo Chardonnay al Pinot al Merlot, molti sono i vitigni internazionali che, complice la sua grande varietà climatica e geologica, vengono coltivati in Trentino. Accanto a questi grandi nomi, poi, ci sono i vitigni locali, quali il Teroldego, la Schiava, il Marzemino: legati strettamente al territorio, meno noti e meno diffusi, essi sono espressione di quella viticoltura tradizionale, fatta di produzioni limitate e di grande passione, che oggi viene sempre maggiormente ricercata.

 

Tra questi vitigni, l’unico a bacca bianca autoctono del Trentino è la Nosiola. Per secoli diffusa in ampie zone della provincia, la Nosiola è stata quasi totalmente abbandonata per tutto il Novecento, per essere riscoperta solo negli anni Settanta grazie ad alcuni appassionati viticoltori della Valle dei Laghi che hanno deciso di reimpiantare questo vitigno ritenuto difficile e poco redditizio. Oggi la coltivazione della Nosiola ha ritrovato vigore e il suo vino, sebbene prodotto solo in zone ristrette e in quantitativi limitati, rappresenta uno dei prodotti enologici più rappresentativi del Trentino.

 

 

Un sorso di Trentino

 

In Trentino quando si dice “vino bianco” si intende la Nosiola. Si tratta di un vino rustico, originariamente destinato all’autoconsumo, fortemente legato al suo territorio d’ origine: la vite della Nosiola infatti cresce oggi solamente in un’area di poco più di dieci chilometri quadrati in Valle dei Laghi, nel Trentino centro occidentale, ed in alcune zone della Valle dell’Adige a nord di Trento e intorno a Rovereto. Oltre che per il vino bianco, la Nosiola viene usata anche per la produzione di un pregiato passito, il Vino Santo trentino DOC, presidio Slow Food, che vanta estimatori in tutto il mondo.

 

Vino per antonomasia della tradizione popolare, la Nosiola è un prodotto ben saldo nel cuore e nel palato dei trentini, che hanno per questo vino un affetto particolare. Lo dimostra prima di tutto il fatto che il suo nome non sia italiano, ma dialettale: nosiola infatti in vernacolo trentino significa nocciola e si riferisce probabilmente al gusto amarognolo, che ricorda appunto la nocciola, di questo vino. Non solo l’origine dialettale, ma anche l’articolo stesso usato per questo sostantivo è indicativo del legame tra il territorio e il suo vino. Si può dire infatti “la” Nosiola o “il” Nosiola”, e se la differenza può sembrare poca cosa, per i trentini l’uso di uno o dell’altro articolo identifica subito la provenienza del vino dalla Valle dei Laghi (nel primo caso) o da altre zone in Valle dell’Adige.

 

Non solo nella tavola e nella lingua, la Nosiola è presente anche nei rituali tramandati dalla tradizionale civiltà contadina: nelle cantine dei paesi attigui Castel Toblino, a Pasqua si usa ancora oggi bagnarsi gli occhi con un goccio di Nosiola dell’ultima vendemmia, pronta proprio nei giorni della Settimana Santa, momento che coincide pure con l’avvio della pigiatura delle uve Nosiola destinate alla produzione di Vino Santo.

 

 

 

Gusto delicato e secco
 

La Nosiola ha un colore giallo paglierino con riflessi verdognoli. Il suo gusto è delicato, e ricorda i frutti bianchi e la mela verde. Secco ma sorretto da una piacevole freschezza e da una buona mineralità, ha un finale caratterizzato da una nota lievemente amarognola, che ricorda la nocciola fresca o la mandorla. Il suo profumo è lievemente fruttato.

 

La Nosiola si distingue per la sua grande duttilità: offre infatti risultati interessanti sia con l’affinamento in acciaio sia con l’invecchiamento in barrique. Il vino che ne deriva viene tradizionalmente consumato giovane, vista la sua struttura delicata, ma possiede anche doti di buon invecchiamento. Molto utilizzato sia come aperitivo che a tavola, si abbina perfettamente con pesce d’acqua dolce, primi piatti a base di pesce e verdure, zuppe e minestre di verdure.

 

 

 

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