Pandemia, tempo libero e l’arrivo della primavera
In questo periodo particolare, fatto di ritmi rallentati e confini limitati, riviviamo un pò la situazione di vita dei nostri avi. Racchiusi nell’intimo dei nostri rapporti più stretti, ci siamo riavvicinati ai loro valori, e ci siamo accorti di quanto abbiamo bisogno della nostra comunità.
di Chiara Dallapè, collaboratrice della Federazione Pro Loco
In questo periodo di pandemia abbiamo dovuto rinunciare a molte cose, ma soprattutto il nostro ritmo di vita è cambiato. Le restrizioni e l’emergenza sanitaria hanno ristretto considerevolmente tutta la dimensione legata al tempo libero, quindi non solo bar e luoghi di aggregazione ma anche centri culturali, cinema, palestre…
Molti di noi (quelli fortunati che non sono rimasti disoccupati) si sono ritrovati incastrati nella dinamica familiare dove nel migliore dei casi ci si sveglia per andare al lavoro e si rientra a casa dalla famiglia.
Prima, abituati a occupare ogni momento libero nostro e dei nostri figli, eravamo abituati a mantenerci costantemente occupati con mille attività per poi rientrare a casa ed eventualmente concederci qualche ora di relax.
Oggi siamo rientrati in una dinamica molto più ristretta dove il tempo libero a disposizione è molto ma le attività con la quale riempirlo si sono ridimensionate considerevolmente e riguardano una ristretta cerchia non solo di attività ma anche di compagni, che possono essere all’interno della famiglia o tra gli amici intimi se non addirittura ad uso esclusivo del singolo individuo.
Pensando alle attività tipiche nella nostra tradizione mi viene da pensare che ci siamo riavvicinati ai nostri avi, quando la vita era strettamente legata alla natura e al succedersi delle stagioni. Penso per esempio al Carnevale, quando si festeggiava con autentica gioia l’arrivo della primavera e si cercava di propiziarsi la nuova stagione con riti scaramantici ben definiti. Immaginate come dovevano sentirsi i nostri avi quando le giornate iniziavano ad allungarsi, il clima era meno freddo, le giornate meno buie e l’inverno che sembrava non finire era ormai alle spalle.
Oggi siamo tornati in quella dimensione di sospensione, di attesa che finisca il rigido inverno, sia della stagione che della pandemia.
Abbiamo però riscoperto la sfera dell’intimo, ma anche cosa significa stare insieme senza un time planning serrato e ben definito come lo era invece in tempi più ordinari.
Queste giornate me le immagino un po come quelle che vivevano i nostri bisnonni in pieno inverno: quando dovevano gestire le provviste, le giornate erano più corte e ci si occupava di attività varie per riempire il tempo che separava dal ritorno nei campi. La vita era condizionata dalle stagioni e dai fenomeni naturali e gli uomini avevano imparato a vivere in equilibrio, approfittando dei momenti inattivi per dedicarsi anche ad attività ludico-ricreative.
Questa condizione condivisa aveva creato delle dinamiche per la quale l’intera comunità partecipava con entusiasmo a eventi particolarmente significativi come la fine dell’inverno e l’arrivo della stagione nuova. Questi avvenimenti erano vissuti come momenti importanti da celebrare e coinvolgevano l’intera comunità.
C’era la gioia di stare insieme e condividere un momento che acquisiva significati sacri ed esoterici ancora prima della nascita delle religioni.
In questi momenti l’importanza di ritrovarsi per festeggiare su scala sociale e comunitaria non solo saldava le basi della comunità ma rafforzava anche i legami tra i suoi componenti.
La vita nei tempi “moderni” è però molto cambiata: siamo passati dal festeggiare la fine del raccolto tutti insieme a non sapere nemmeno chi abita di fianco a noi. Questo perchè la vita è diventata più complessa e si è diversificata. Qualche tempo fa un amico che vive in città mi raccontò di come, nel periodo di lockdown del 2020 ha fatto amicizia con il suo vicino di casa: abitavano vicini da dieci anni ma non si erano mai fermati a chiacchierare e con la pandemia hanno scoperto di avere molte cose in comune,
E’ difficile trovare dei momenti comunitari che riguardino tutti perchè fino a qualche anno fa sembrava non esserci un “destino” condiviso. La pandemia ci ha però mostrato che al di là dei nostri ritmi e dei nostri lavori viviamo pur sempre all’interno di comunità e dobbiamo ricominciare a domandarci come possiamo vivere meglio insieme.
Le pro loco possono costituire una buona base per rimettere in discussione quello che ci accomuna e quello che possiamo e dobbiamo festeggiare insieme. Forse cambieranno le dinamiche, almeno per il momento, ma questi mesi ci hanno insegnato quanto il vivere sociale è per noi fondamentale. Sentirci parte di una comunità e imparare insieme a superare momenti difficili sarà come uscire da un lungo inverno.