Se l’importante è partecipare
Se l’importante è partecipare
Un recente intervento del professor Ugo Morelli sulla stampa locale ci ha dato l'occasione per riflettere su quale sia il valore profondo dell'operato delle Pro Loco e su quali siano i possibili margini di miglioramento
Se l'importante è partecipare
di Monica Viola, Presidente Federazione Trentina Pro Loco
Raccogliamo lo stimolo del professor Morelli apparso su questo giornale il 2 febbraio scorso per proporre il nostro punto di vista sulla questione della partecipazione civica messa in atto dalle Pro Loco.
Le Pro Loco, sostiene il professor Morelli, peccano di localismo e di scarsa visione nella loro azione. Se è sicuramente vero che oggi nulla è più locale e si deve ragionare in termini globali, non possiamo però dimenticare che in ultima istanza sono le persone a pagare le conseguenze della globalità, in termini ad esempio di decadimento della qualità della vita: pensiamo al danno che lo standard economico performativo di matrice urbana ha inflitto alla vita nelle nostre valli e montagne, colpite dal problema dello spopolamento per la mancanza di servizi e per una scarsa attenzione al benessere di chi ci vive, in favore di chi ci soggiorna. Le conseguenze della globalità sulla vita reale delle persone si manifestano nei luoghi nel loro specifico, nei nostri paesi, nei nostri quartieri. E lì queste conseguenze devono essere affrontate, e lì vanno affrontate non solo dalle istituzioni, ma anche da persone con un nome ed un cognome. Solo chi agisce a livello locale, vicino a questi luoghi, può davvero mettere in atto qualcosa di concreto, magari piccolo, magari limitato, ma pur sempre un’azione che migliora la vita di qualcuno in quel luogo.
Sappiamo quali danni provochi un’antropologia dell’essere umano solitario, non cooperante, autointeressato, e sappiamo come oggi questi aspetti stiano causando problematiche non solo personali ma anche sociali. A fronte di questo impoverimento relazionale, abbiamo circa 20.000 persone in Trentino attive nel mondo Pro Loco: un mondo dove sono moltissimi i giovani, dove i meno giovani si sentono utili e gratificati, dove sempre più donne assumono posizioni apicali, dove convivono fianco a fianco i livelli di scolarizzazione più differenziati. Sono persone diverse per età e formazione, che dedicano gratuitamente e disinteressatamente tempo e energie quotidiane, per anni, al loro paese. E’ un mondo, è vero, non controllabile, caotico, a volte disorganizzato, ma incredibilmente vivo e generoso, che ha a cuore il benessere di chi abita nel grande centro come di chi vive in un paese con meno di cento abitanti.
Per questo non si può dimenticare l’immenso valore che ha qualsiasi soggetto sociale che riesca a convincere le persone ad uscire dal proprio isolamento, che sia per convivialità, per lavorare a un progetto complesso di valorizzazione del proprio territorio, o semplicemente per divertirsi. Sta poi a questi soggetti decidere liberamente se affiancare alle dimensioni più semplici una spinta verso obiettivi più “alti” e più “globali”, cosa auspicabile ma non automatica né imponibile dall’alto.
Dal canto suo la Federazione, che le oltre 200 Pro Loco trentine rappresenta, lavora da anni (come testimoniano i discorsi riportati dal professor Morelli sulla spinta verso l’attivazione positiva delle comunità registrati da più parti durante il 40°anniversario della Federazione) per proporre alle Pro Loco un modello diverso rispetto a quella della pura organizzazione di eventi, ma si tratta di un lavoro lento, che necessita di pazienza e tenacia visto che, come ci insegna il prof. Morelli, il cambiamento non è la migliore delle capacità umane.
Ma noi non smettiamo di crederci e di immaginarcelo questo cambiamento, queste Pro Loco di domani in cui, avvicinando oggi i bambini e i ragazzi al volontariato, proponendo esempi virtuosi, alimentando il dibattito, proponendo formazione, collaborando con gli enti provinciali, si possa veder convivere il locale e globale, come vasi comunicanti che si alimentano per il benessere delle comunità.
In un mondo in cui, come testimoniano i dati sull’affluenza alle urne di questi giorni, lo scollamento tra le persone e la politica è drammaticamente evidente, chi oggi fa ancora davvero politica, chi si prende cura dello spazio di vita collettivo? Che lo si faccia attraverso carnevali, braciolate e a volte anche birra, non è il punto centrale della questione: il punto è che è solo dalle persone che partecipano e dalla loro affettività investita sul territorio che potrà nascere qualche cosa. E’ difficile che l’invocato cambiamento in seno alla comunità, intesa come communitas, possa nascere da chi non sente e non agisce il munus, ovvero il dovere e la necessità, verso il cum, che spinge a declinare questo dovere collettivamente.
Dove vanno le Pro Loco?
di Ugo Morelli
Articolo pubblicato sul Corriere del Trentino il 02.02.2023
C'è da domandarsi dove vanno le Pro Loco trentine prestando attenzione a quello che è accaduto al Palasport di Lavis, in base alle dichiarazioni dei partecipanti riportate dalla stampa.
E non è una questione di poco conto dal momento che le Pro Loco rappresentano un buon elemento analizzatore per capire le tendenze delle comunità locali, del loro presente e del loro futuro. Dichiararsi oggi soggetti dello sviluppo locale, come è accaduto nelle dichiarazioni in cui tutti si sono profusi nel corso di quell'evento, significa domandarsi che cosa significa sviluppo locale. Intanto è necessario partire dal fatto evidente e chiaro che nulla è più locale. Ogni luogo è il mondo e come abbiamo cercato di sostenere da tempo il futuro di un luogo si definisce solo guardandolo dal mondo.
Ne deriva una domanda essenziale: quali sono i fattori critici delle realtà locali trentine e da che cosa può derivare un loro sviluppo che una volta tanto, per carità nei confronti di chi legge, non definiremo sostenibile? Uno sviluppo basato sulla cura del territorio e delle risorse richiede oggi, principalmente in Trentino, che si investa in capacità culturale e cognitiva perché le comunità locali siano capaci di concepire un futuro possibile.
Non è la logica distributiva che alimenta una fittissima rete di minuscoli eventi tutti legati a riempire in qualche modo l'inedia, l'alienazione e il tempo libero, che può essere confusa con uno sviluppo appropriato al tempo in cui viviamo.
Porre al centro tre parole come: persone, legami, immaginazione, significa senz'altro richiamare dei valori particolarmente importanti, ma è necessario non dimenticare che le persone hanno un futuro e i legami sociali sono in grado di non scadere nell'alienazione e nell'indifferenza solo se si pratica effettivamente il valore della terza parola, l'immaginazione. E l'immaginazione è una cosa seria. Non può essere intesa soltanto come la trovata capace di attrarre numeri rilevanti di persone intorno a boccali di birra, ma è necessario che si consideri effettivamente quali sono le priorità delle comunità locali e intorno a che cosa possono concepire uno sviluppo per sé stesse, nel presente e nel futuro.
Ne può bastare il richiamo all'orientamento a produrre servizi per le cittadinanze locali se quei servizi non hanno un nome e non sono in grado di combinare la convivialità con le indigenze principali che, contrariamente a quello che sostiene l'assessore provinciale presente all'evento, non riguardano soltanto la distribuzione di proventi da parte della Provincia per alimentare azioni ripetitive che schiacciano la cittadinanza su sé stessa e sulle proprie cosiddette tradizioni.
Questo significa alimentare semplicemente il consenso e utilizzare le Pro Loco per tale scopo. Sarebbe particolarmente importante prendere in considerazione uno spunto che pur viene dall'assessore provinciale, quello in cui egli si chiede come mai c'è penuria di dirigenti.
Ecco questa è una questione rilevante strettamente legata a quanto sostenuto finora: come mai la realtà locale e le comunità locali non sono in grado di allevare competenze evolute, o meglio, non sono in grado di collocare le competenze evolute che le giovani e i giovani trentini pur maturano studiando? Come mai quelle giovani e quei giovani per realizzarsi ed esprimere le proprie capacità non trovano le opportunità corrispondenti nella realtà in cui vivono e quindi, giustamente, vanno a cercarle altrove? Quanti sono i laureati e le laureate che lavorano nei territori svolgendo attività corrispondenti alle capacità che hanno maturato studiando?
Se le Pro Loco vogliono essere lievito dei territori e delle comunità non possono non porsi queste questioni. Diversamente risponderanno al lapsus, stando a quello che si legge sui giornali, in cui il sindaco di Lavis è caduto nel suo intervento. Riferendosi al prefisso pro davanti alla parola loco ha parlato di suffisso. Se ne ricava che il localismo viene prima di ogni proiezione di futuro.