Cultura, la nostra forza - anche se non lo sappiamo

08 novembre 2022

 

Nel tentativo di comprendere quanto e perchè le Pro Loco inseriscono nei loro eventi aspetti di carattere culturale, la Federazione, con il supporto scientifico dell’antropologa Roberta Raffaetà, ha attivato negli scorsi mesi un progetto di ricerca azione dal quale sono emersi numerosi elementi di riflessione. Il progetto ha preso in esame la viva voce delle Pro Loco, raccolta attraverso questionari e interviste, che sono state poi ridiscusse insieme all’antropologa.


Lo stimolo che esce da questo lavoro è mostrare quali possibilità hanno le Pro Loco di incidere sul benessere della propria comunità, alla luce di un particolare ruolo che esse hanno ma di cui spesso non sono consapevoli: si tratta del ruolo “politico”, inteso come capacità di attivare processi vitali di una comunità attraverso idee e progetti finalizzati al vivere bene, insieme, nel proprio territorio. Un ruolo strettamente legato alla percezione della propria azione in senso culturale.


Cosa è “cultura” per le Pro Loco

A livello nazionale, il ruolo delle Pro Loco è da sempre legato al turismo, e i contenuti delle iniziative dipendono spesso dai partner e soggetti che li sostengono finanziariamente ; gli aspetti culturali vengono introdotti, con maggiore o minore consapevolezza, grazie al supporto economico dell’amministrazione o da soggetti culturali.  Feste, sagre, eventi e progetti in generale possono quindi diventare di contenuto più turistico se a finanziarle è un soggetto terzo interessato a questo, e allo stesso tempo possono acquisire una connotazione culturale maggiore se i fondi provengono da istituzioni preposte alla valorizzazione di questa dimensione.
Da questo discende una prima osservazione interessante raccolta tramite il lavoro di ricerca: per le Pro Loco il termine “cultura” coincide con ciò che è sollecitato, finanziato e quindi riconosciuto dalle istituzioni.
Di più: la cultura non ha neanche una parte di gradevolezza e di divertimento. “Tutto quello che è goliardia e spensieratezza non è cultura”, afferma uno degli intervistati. La cultura non è quindi nemmeno affascinante, sembra quasi un obbligo, è lì, come un vincolo suggerito da terzi: “durante la sagra apriamo le chiese perché ce lo chiede l’azienda per il turismo, tutto lì”. La cultura deve inoltre avere un interlocutore che come in questa affermazione viene “dall’esterno”.
E si arriva anche a un’altra considerazione: l’elemento culturale è tale solo se ha una connotazione turistica, se viene fatto “non per la nostra comunità, ma per il turista”. Quello che fai per la socialità, per stare insieme, per le Pro Loco non è cultura: la cultura non ha una parte sociale e relazionale, non ha a che fare con la vita del luogo. “Ciò che fai per la comunità, ad esempio il restauro dei capitelli votivi dove le persone pregano per i propri cari scomparsi a causa della pandemia”.
Si tratta di un’idea di cultura che la pone come opzionale alla vita delle persone, non come costitutiva di essa ma come accessoria, contrapposta non solo a ciò che si manifesta come necessario o imprescindibile ma anche a ciò che si rivela pratico nel senso di attuale, concreto e legato al fare quotidiano. Il metro di valutazione discende di conseguenza e l’espressione “T’en fai pochi numeri coi libri”, [trad: le presentazioni dei libri hanno sempre pochi spettatori], qualifica il valore dell’attività attraverso una scala di giudizio che normalmente viene utilizzata per misurare l’affluenza ad un evento enogastronomico, basata su parametri di quantità scontati nella loro validità e immediatamente rilevabili come le presenze. L’aspetto immateriale, valoriale e politico non trova narrative che lo portino ad emergere in maniera esplicita.

Un ruolo più importante per le Pro Loco

In realtà, è proprio in questo aspetto messo in campo per le comunità che si espleta il ruolo più significativo delle Pro Loco: la loro capacità di leggere i bisogni del territorio e di intervenire di conseguenza. Solo le Pro Loco che propongono un’appartenenza attiva alle persone, capaci di trasformare le ineliminabili conflittualità di natura politica insite nei progetti, riescono a coinvolgere un soddisfacente numero di volontari.
Non sempre però le Pro Loco si riconoscono questo ruolo o questa capacità di tenere vivi i processi di appartenenza. Lo testimonia la descrizione che fanno della cultura come di questione “secondaria, perchè prima vengono le questioni pratiche”.  La poca urgenza di occuparsi della cultura e la sua considerazione prettamente astratta sembrano sminuire la necessità di individuare l’orientamento di fondo che muove l’operato delle Pro Loco e quindi, in sostanza, la sua natura politica. 

In conclusione

Emergono quindi alcune considerazioni:
1) il forte valore simbolico del concetto nel contesto locale ma il suo parziale utilizzo nelle Pro Loco;
2) la possibilità, per le Pro Loco, di ridefinire il proprio ruolo politico, azione questa che trova tra l’altro pieno riscontro nella riforma italiana del terzo settore che definisce le Pro Loco non più come enti di promozione turistica ma di promozione sociale (concetto ribadito anche  dall’accredito UNESCO delle Pro Loco come soggetti custodi del patrimonio immateriale)
3) c’è un forte problema di lessico, di comprensione degli strumenti di lavoro, ma anche di chiarezza rispetto a ciò che si fa quando si affronta nelle Pro Loco il tema della cultura. Storia, memoria, folklore, saperi, etnografia, tradizioni, politica, turismo: tutto si confonde e si amalgama.
La ricerca, in sintesi, ha permesso di comprendere che le Pro Loco non hanno una consapevolezza della propria natura “culturale”, se per culturale intendiamo le pratiche attraverso cui si dà senso e significato al proprio mondo e quindi anche l’effettiva possibilità e capacità di incidere in maniera consapevole sulle scelte del proprio territorio. Questa inconsapevolezza mantiene le Pro Loco distanti dalla natura di soggetto politico, sia come autrici di proposte, sia come decisori che possono incidere, con le proprie scelte, sulle direzioni di sviluppo di un territorio. Costruire una proposta di animazione significa fare delle scelte ma per le Pro Loco sembra difficile riconoscersi questo ruolo. La situazione descritta fino a questo punto mantiene le Pro Loco lontane dalle proprie capacità di agency e ne depotenzia il ruolo nell’arena dei soggetti legittimati a prendere decisioni su come investire le risorse della comunità.

Il ruolo delle Pro Loco oggi, sulla spinta delle riforme del settore, sta diventando oggi quello di mantenere buona la qualità della vita in un luogo, più che quello di soddisfare le esigenze dei visitatori.  Se fare cultura, al di là dei contenuti specifici, significa essere soggetti politici che attivano i processi vitali di una comunità provando a realizzare idee e progetti, forse in questo momento le realtà del volontariato faticano a riconoscersi questa funzione benché sembrino desiderarla.

La possibilità di essere soggetti politici apre tuttavia una piccola rivoluzione. Ciò che sembrava l’obiettivo principale, fare turismo, è diventato per le Pro Loco del Trentino un contenuto, perchè l’obiettivo originario è ormai appannaggio della struttura tecnico economica di un economia industriale diffusa e sviluppata. Resta tuttavia un fronte scoperto sul quale le Pro Loco potrebbero spendersi. Mitigando gli effetti collaterali del turismo, come lo spopolamento delle valli e la mancanza di servizi, le Pro Loco potrebbero farsi interpreti di nuove istanze, spesso immateriali, continuando ad utilizzare la loro capacità di lettura immediata dei bisogni, sia nei confronti dei residenti che dei turisti. Rimane la scelta di operare a livello pratico con azioni ed interventi ad hoc, o a livello politico, diventando soggetto che negozia il proprio agire con gli interlocutori istituzionali. L’evoluzione del turismo, fatto di molte nicchie tra le quali gli amanti della tranquillità, della vita rurale e di paese, apre la possibilità di integrare politiche di qualità della vita con l’offerta turistica in maniera organica, senza che lo sfruttamento del territorio debba compromettere la possibilità di continuare a viverci.

Il presente testo è tratto dall'articolo “Alla ricerca della cultura: valorizzare la cultura come fattore di sviluppo delle comunità rurali del Trentino” (I. Povinelli, R. Raffaetà, C. Dallapè, L. Baratter) già pubblicato nel volume n. 6/2022 della
collana Perspectives on rural development, (ESE Salento University Publishing).

E' possibile consultare l'articolo completo qui

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