Parlo dialetto, sono bilingue?

24 agosto 2020

Il progetto di ricerca dell’Università degli Studi di Trento Bilinguismo conta, che si occupa di diffondere conoscenze e sensibilizzare la comunità sul tema del bilinguismo, si è domandato se si può parlare di bilinguismo anche nei casi in cui le persone usano una lingua standard e un dialetto locale

 

Questa è una condizione, ormai diffusa in molti paesi del mondo, in cui si vede l’utilizzo della lingua standard in contesti scolastici e lavorativi, mentre la sua versione locale è tendenzialmente più usata nel contesto famigliare

 

Tra lingua e dialetto c’è infatti una differenza di condizione sociale: l’ufficialità che viene conferita alla lingua, e negata al dialetto, nasce da cause storiche e sociali che vedevano quest’ultimo essere parlato dalle persone povere e poco istruite. Lo status diverso tra lingue ufficiali e dialetti non si rispecchia però nelle analisi dal punto di vista linguistico che dichiarano i dialetti regionali ricchi e complessi come le lingue standard, sebbene in alcuni casi abbiano suoni, parole e grammatica simili.

 

Questa somiglianza linguistica unita alla differente reputazione tra lingua ufficiale e standard può far sì che non venga prestata attenzione, o che venga addirittura sminuito, il bilinguismo di coloro che parlano dialetti. 

 

La ricerca che negli ultimi anni ha cominciato a chiedersi se il bidialettismo (il bilinguismo di una persona che parla una lingua nazionale e uno o più dialetti regionali) è paragonabile al bilinguismo tra lingue standard, ha analizzato i diversi fattori che influenzano l’esperienza linguistica, i risultati scolastici, l’agilità cognitiva e l’attenzione. Degli studi sul dialetto cipriota e sul Nynorsk in Norvegia hanno suggerito quanto non importa la somiglianza tra le due lingue o se queste vengano usate solo per parlare o per scrivere: “l'utilizzo di più di una lingua nella vita di tutti i giorni e la dimestichezza nell’esprimersi in più lingue non risultano mai d’intralcio, ma anzi sembrano rappresentare un prezioso allenamento per la mente”. (Bilinguismo conta - Università degli Studi di Trento)

 

 

Anche Filomena Fuduli Sorrentino su La Voce di New York.com affronta questo tema del bilinguismo dialettale e del suo funzionamento nei bambini in un’intervista al professor Paolo Balboni, il famoso glottodidatta e professore ordinario di Didattica delle lingue all’Università Ca’ Foscari di Venezia. 

 

Riportiamo qua parte dell'intervista:

Professore possiamo definire il bilinguismo un frutto positivo dell’incrocio non solo di due lingue ma anche due culture?

“Le lingue non esistono in sé, da sole, se non come precipitato di una cultura, strumento di perpetuazione ed evoluzione di una cultura. Quindi bilinguismo significa anche biculturalismo, in un approccio comunicativo”.

 

L’Italia, grazie ai diversi sistemi linguistici chiamati dialetti, è un paese storicamente multilingue e una società multietnica. Possiamo definire gli italiani bilingui?

“Gli italiani che capiscono il dialetto (magari non lo parlano) sono bilingui, senza alcun dubbio”.

 

Perché nella maggior parte del territorio italiano il bilinguismo è circondato da credenze negative e convinzioni infondate, o visto come una cosa pericolosa per lo sviluppo mentale del bambino?

“È tutta l’Europa che lo pensa, da Napoleone in poi. Il bilinguismo italiano/dialetto è stato visto come una minaccia all’Italia Unita, è stato violentemente attaccato. Quello con le lingue straniere, sopra una certa età è percepito come inutile, non come pericoloso, perché l’Italia era provinciale. Dai 30-40 in giù, nessuno ne ha paura, molti lo cercano, alcuni se ne disinteressano perché non gli serve”.

 

Ci sono delle situazioni, o dei casi, in cui l’apprendimento di una lingua possa disturbare l’apprendimento di un’altra?

“No, se non transitoriamente e occasionalmente”.

 

Esporre un bambino piccolo a più idiomi nello stesso periodo di tempo che conseguenze può avere sullo sviluppo cognitivo?

“Aiuta lo sviluppo cognitivo, le capacità di problem solving, lo sviluppo dell’intelligenza relazionale, fino dal primo giorno di vita si può farlo con vantaggio per il bambino; all'inizio può generare qualche confusione, che si risolve spontaneamente o con il tempo, specialmente in una logica one parent one language (metodo popolare adottato dai genitori che cercano di crescere bambini bilingui simultanei, ogni genitore parla costantemente solo una delle due lingue al bambino)”.

 

 

Diversi studi hanno quindi dimostrato che chi fin da piccolo é abituato a parlare due lingue, ha una maggiore velocità nel cambiare registro, a giocare creativamente con le parole e ad aprire delle nuove 'caselle mentali' in cui inserire nuovi concetti e significati, e di conseguenza una maggior facilità nell'apprendere altre lingue, anche più di una. 

 

In conclusione, con la convinzione che i dialetti siano un grande patrimonio e parte importante dell’identità personale e della comunità, quanto scoperto dovrebbe farci riflettere sull'importanza che hanno, sia a livello culturale che cognitivo, i nostri dialetti che, con il passare del tempo stiamo purtroppo dimenticando.

 

 


 

 

Le Pro Loco sono custodi dei dialetti e delle lingue locali, oltre che protagoniste nella sua salvaguardia, sensibilizzandone l'utilizzo e la diffusione tramite attività e progetti.

Per questo sono invitate a contribuire proponendo scrittori, poeti o autori del loro territorio con le loro opere al premio ‘Salva la tua lingua locale. Si tratta di un riconoscimento letterario che ha l’obiettivo di valorizzare scrittori e poeti che si esprimono nelle loro lingue locali o dialetti organizzato dall’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia e ALI Lazio – Autonomie Locali Italiane.

 

Tutte le info qui.

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