La leggenda del Becco di Filadonna
In ogni territorio non esiste solo la realtà fisica, ma anche un mondo più fantastico, fatto di magia e mistero, di favole e leggende risalenti alla notte dei tempi. E una terra ricca di suggestioni come il Trentino ben si presta a tali racconti. Anche le Pro Loco ne sono rimaste affascinate e per questo cercano di valorizzare anche l’aspetto fiabesco della nostra regione. Con loro abbiamo intrapreso questo viaggio, fra magiche formazioni di montagne, laghi misteriosi e creature che animano i boschi.
La Pro Loco di Nosellari-Oltresommo ci ha raccontato una leggenda legata al territorio dell’Altopiano di Folgaria e del gruppo della Vigolana. Ecco come si è trasformata, per tradizione, la vetta chiamata “Becco di Filadonna”, così alta e dalle particolari conformazioni dolomitiche.
C’era una volta sulla cima di una montagna una bella signora castellana che filava la lana nel suo splendido castello. Una povera vedova si recò da lei con il suo bambino portandole della lana, morbida e bianca, che aveva ricavato dalla tosatura della sua unica pecora, chiedendole di fare una maglietta per il suo bambino, poiché l’inverno era ormai alle porte. La castellana tanto bella, quanto fredda e crudele, disse alla donna di ritornare dopo un mese con il denaro per pagare e lei le avrebbe consegnato la maglietta di lana.
Passato il mese la povera donna, con in braccio il suo bambino, salì di nuovo al castello con il denaro che tanto faticosamente aveva messo da parte, per ritirare la maglietta.
La castellana era seduta ad aspettare la donna, ma la maglietta che le consegnò non era fatta con la lana morbida della sua pecora, bensì con una scura, brutta e ruvida.
La povera donna cominciò allora a piangere disperatamente in ginocchio davanti alla castellana e pianse tanto e poi tanto che le sue lacrime bagnarono le vesti di quella crudele signora.
Fu così che in quell’inverno, freddo e gelido, il castello, per incanto, venne tutto trasformato in un masso di ghiaccio e, poi, insieme alla sua castellana, si trasformò in una colossale pietra.
Così da quel giorno quella montagna venne chiamata “Becco di Filadonna”.